DING DONG - VUOI PUBBLICARE?

VUOI PUBBLICARE?
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Chi è il misterioso Ding  Dong che comunica con  una campanella dai poteri magici e riesce a fare  cose soprannaturali?  Perché l'astronauta  Malan vuole a tutti i costi  scoprire  l'ultimo segreto  dell’Ordine del Tempio?  Cosa c'entra una vecchia   nave templare, scoperta  dal miliardario Duchamp,  con un’antica macchina,  costruita apposta nel  1400 dal noto scienziato  Atticus Barca, nascosta in  una torre diroccata di fronte ad  un'isola misteriosa?  Qual è la forza del  Campo Tachionico e  come mai l'Icarus, il satellite supersegreto  supervisionato  da Malan  è il  punto focale per arrivare  alla soluzione del mistero?  Le forze oscure che  vogliono il potere nascosto nella fortezza di  ghiaccio si scontrano  con  i nostri eroi  e alla ne il  disastro può distruggere  la Terra.






Per gentile concessione delle Edizioni Pathos  i primi due capitoli del libro.
Link alla casa editrice: https://www.pathosedizioni.it/catalogo/ding-dong-e-il-segreto-dei-templari/
Disponibile su AMAZON/ LA FELTRINELLI/MONDADORI/IBS/SAN PAOLO EDITORE



CAPITOLO I
 
   
 
 
 
 
Da qualche parte nel mar Tirreno
 
 
L’Hercules stava attraversando una zona di mare immersa nel buio.
Il capitano Alberto Righetti di trentaquattro anni pensava alla sua ultima avventura con Jessica, una slava conosciuta per caso una sera di pioggia battente di fronte ad un bar un po’ equivoco.
Gli aveva chiesto una sigaretta e lui dopo aver abbassato il finestrino della sua “Golf T Rock” non aveva potuto fare a meno di notare che sotto il suo impermeabile color terra stava solo una magliettina rosa con una catenella d’argento con appeso un piccolo cuoricino d’oro.
I suoi occhi stanchi che fino a qualche minuto avevano fissato il vuoto cercando invano un segno di vita, ora si muovevano disperati come se una potente scarica elettrica li avesse attivati.
-Mi chiamo Jessica e la mia amica mi ha mollato per uno svitato di sessant’anni con un Porsche Carrera, ti va di accompagnarmi?- Mentre gli accendeva la sigaretta il suo cuore prese a battere e un senso di euforia si impossessò di lui.
-Certo-rispose premendo due volte la rotella dell’accendino placcato oro.
Dopo averla condotta al suo indirizzo, si erano scambiati i numeri di telefono.
Piano piano aveva incominciato ad apprezzarla, i giorni passavano veloci e la sua storia stava diventando importante.
Anche ieri sera, prima di andarsene, quando lei l’aveva baciato finalmente e si era stretta forte a lui, aveva capito di aver trovato la sua donna.
-Ehi, capitano, tutto bene? - fece il suo secondo, il tenente Carminati, un tipo di ventisette anni basso con braccia forti e muscolose. Righetti parve svegliarsi come da un sogno.
-Si tutto bene, scusa mi sono distratto.-
Ancora “Lei”? - Chiese l’amico strizzandogli un occhio.
-No, no è che mia madre non sta molto bene.-  
-Ah si, cosa ha?-
-Niente glicemia un po' alta, ildottore ha detto che si sistemerà.-Queste mamme… dopo una certa età si beccano qualcosa.-Rispose il tipo poco convinto.
Righetti sapeva che il compagno si era appena lasciato dalla moglie, aveva un figlio di tre anni e non riusciva a trovare i soldi per sbarcare il lunario, rispetto a lui si considerava fortunato, poi guardò l’orologio.
-Bene, è il mio turno, ci vediamo tra poco.-
L’uomo si alzò e si diresse nel vano bagagli; gli ordini del colonnello Tozzi erano stati precisi:-l’“Asset” deve essere controllato ogni mezz’ora, assicurarsi che il pacco siain ordine.-
Mentre ricordava queste parole non poté fare a meno di notare che il suo capo quando gli rifilava un lavoro rognoso aveva il vizio di mordersi il labbro inferiore, anche in quell’occasione l’aveva fatto e la cosa non gli era piaciuta.
L’ultima volta che aveva dovuto eseguire una sua disposizione siera trovato implicato in un tentativo di omicidio ai danni di un tizio che gestiva una sala da gioco.
Ovviamente nessuna sapeva niente, ma l’unico a pagare fu lui, lo trattennero per una settimana in un carcere militare finché non saltò fuori che non ne era il complice ma aveva solo eseguito gli ordini. Ora mentre si dirigeva all’interno dell’aereo il suo pensiero tornò a Jessica, ma poi inciampò in un cavo di rinforzo e cadendo lateralmente si beccò una botta su di un ginocchio.
-Maledizione!- esclamò arrabbiato.
Righetti aveva il fisico asciutto del corridore, il suo punto debole erano le gambe, chissà perché ma le botte improvvise finivano tutte lì.
Si rialzò e dopo qualche passo raggiunse il suo obiettivo.
La cassa stava al centro dell’area di parcheggio, i sensori indicavano che era tutto ok.
Avvicinandosi un po’ di più, provò a forzare i tiranti di sicurezzama questi si tesero bene, anche la slitta di lancio automatico era ben fissata sotto la struttura di materiale rinforzato.
Verificò il sensore sul lato della cassa e notò che il puntino verde del gps era attivo.
-Ottimo, anche questo è fatto ora devo solo chiamare Tozzi.-
-Allora come va l’“Asset” tutto a posto?- chiese Carminati vedendolo tornare.
-Si, si…tranquillo-rispose il capitano.
Poi sedutosi ai comandiaprì un canale:
-Qui Bravo Charlie 2 a Sierra 4 mi ricevete?-
Ripeté il comando altre tre volte finché poi sentì dall’altra parte il colonnello Tozzi.
-Qui Sierra 4, chiedo conferma trasporto “Asset”, comunicare stato delle cose, passo.-
Righetti deglutì in maniera nervosa, e poi rispose:
-Qui Bravo Charlie 2 l’“Asset” è in perfetto ordine, dirigiamo fino al punto Kappa, niente da segnalare, passo.-
-Ottimo Bravo Charlie 2 continuate come da istruzioni passo e chiudo.-
Righetti tolse il contatto, si mise una mano dietro la nuca, come per ricordare se effettivamente avesse fatto tutti i controlli del caso, ma non c’era altro da fare, solo far passare il tempo.
-Come ti è parso il vecchio?- fece Carminati abbozzando un leggero sorriso.
-Il solito rompiscatole, con la mania della perfezione.-
-Lo so, lo dicono tutti alla base, ma anche a lui non è andata tanto bene.-
-Che vuoi dire…-
-Il figlio, non hai saputo del figlio, pare abbia tentato di suicidarsi.-
-E perché?-
-Sembra che sia rimasto incastrato in un giro di usurai, il padre ha dovuto pagare per lui, ancora oggi non si parlano.-
-I figli, valli a capire-rispose Righetti guardando fuori dal finestrino, era notte, si vedeva la luna piena e sotto ci stava il mare, improvvisamente il pensiero andò ai suoi due genitori: suo padre se ne era andato un giorno senza dire niente a sua madre, lui aveva sei anni e anche se non si era più fatto vedere conservava il ricordo diun uomo gentile con i capelli corti e grandi mani da lottatore.
Gli era mancato nel corso degli anni e questo molte volte lo aveva fatto sentire male, ma la vita non è mai una successione lineare di eventi, ogni tanto esci dalla strada principale e scopri di non conoscere più te stesso.
Alberto controllò la pressione in cabina, poi verificò la direzione,erano fuori rotta di mezzo grado, rapidamente agendo sui comandi rettificò l’errore poi rimase un attimo a fissare di fronte a sé.
-Come mai non ci hanno informato con il solito preavviso?- fece al compagno.
-Da quel che ho saputo, sembra che sia arrivata una telefonata urgente da qualche pezzo grosso.
Tozzi ha subito verificato chi aveva sottomano e dopo un giro di telefonate ha beccato noi due.
A mezzanotte me ne stavo tranquillo nel mio letto e questo mi fa chiamare e mi ordina di rientrare alla base, con tutti gli imboscati che ci sono.-
-Almeno tu ti sei riposato- rispose Alberto facendo una smorfia.
-Io ero appena rientrato e me ne stavo andando al bar fuori della base a prendere qualcosa quando mi hanno bloccato e condotto di forza dentro la zona.
Mi trovo Tozzi che mi guarda di traverso e dice che dobbiamo fare una consegna straordinaria, capisce che sono stanco ma gli altri piloti sono fuori.-
-E tu che fai?-
-Che vuoi fare, signorsì!-
-Già ci avevo litigato la scorsa settimana, perché non voleva darmi un giorno di ferie, non volevo farlo incazzare, anche se penso l’abbia fatto apposta.-
-E’ da lui, se ti segna sei finito.-
-Poi mentre me ne sto ad aspettarti, arrivano “le Ombre”, con un furgone senza targa e tre auto di scorta.-
-Sempre loro, ma chi credono di essere, sono diventati i padroni della base, anche Tozzi li teme- fece il compagno.
-Ti scende un tizio con il mento aguzzo e un completo militare, subito dà due ordini secchi al colonnello e dopo pochi minuti, viene scaricato l’“Asset”, danno una busta al capo e poi se ne vanno. Con quelli bisogna andarci cauti.-
-Certo, però io sono qui con te e lo stronzo non mi ha ancora confermato un giorno di ferie.-
Un silenzio improvviso cadde tra loro, si sentiva solo il rumore del C-130.
-Quanta manca al punto di contatto-disse il compagno cercando di guardarela mappa sul cruscotto.
-Il “Toti” dovrebbe arrivare qui tra circa una mezz’ora- rispose Righetti.
-Bene, se Dio vuole fra poco molliamo l’“Asset” e ce ne torniamo a dormire.-
-Come faremo a localizzarlo, l’altra volta quasi abbiamo lanciato cinque  miglia fuori rotta.-
-Tranquillo quando saremo vicini, scenderemo prima a fare un giro a bassa quota, se sarà emerso ci sarà una segnalazione luminosa.-
-Chi è che lo comanda?- chiese Carminati.
-E’ quel pazzo di Stringari- fece Righetti.
-Chi, quello che gli piace giocare a "Caccia ad Ottobre Rosso"?-
-Si, pensa che una volta ho conosciuto uno del suo equipaggio, ero ad un corso vicino alla base sottomarina, ci mettiamo a parlare del più e del meno e poi questo mi racconta che Stringari tiene a bordo il famoso film con Sean Connery e prima di ogniazione pericolosa, fa sentire le musicheall’equipaggio.-
-Un esaltato!-
-Mi sa che prima o poi quello fa qualche casino.-
-Puoi giurarci- rispose l’amico.
La lunapiena si vedeva a ore tre e con la sua imponenza era uno spettacolo fantastico, Righetti pensò che avrebbe potuto portarci Jessica a fare un giro, così sarebbe stata sua per sempre.
-Scusa- fece il compagno.
-Ma come mai non ci hanno assegnato anche Vacchi per questa missione, è il miglior navigatore dello Stormo.-
-Me lo stavo chiedendo anch’io, era in trasferta a quanto pare.-
-Così dobbiamo fare il lavoro di tre persone.-
-Tranquillo il tempo è stabile, in giro non c’è nessuno a parte questa nave- fece Righetti indicando un punto luminoso sul monitor del cruscotto.
-Cosa è?-
-Una nave da crociera.-
-Beati loro che se la godono, bisogna che anch’io mi faccia un giro ogni tanto.-
-Sai che palle-rispose l’altro- mangi come un porco e passi il tempo a guardare il mare.-
-Ma no, ci sono anche i lati positivi.-
-Quali?- fece Righetti controllando la strumentazione.
-Se c’è qualche dolce fanciulla forse non ti annoi.-
-Vero, non ci avevo pensato, anche se di solito sono accompagnate da dei tizi poco raccomandabili.-
Improvvisamente una comunicazione arrivò in cuffia al capitano.
-Buongiorno, qui"Nettuno"stiamo procedendo su obiettivo, coordinate quattro quattro due otto, prego dare conferma.-
Il comandante del sommergibile si fece sentire.
-Ma non è un po’ in anticipo- disse Righetti.
-Si, gli piace sempre fare il pignolo.-
-Qui Bravo Charlie 2 confermo rendez-vous come da coordinate.-
-Ricevuto, ci vediamo presto, passo e chiudo- dall’altra parte la comunicazione s’interruppe.
I due si guardarono un attimo, poi Righetti accennò un lieve sorriso, l’altro ricambiò alzando leggermente la mano.
-Certo che anche quelli là sotto non sono messi tanto bene.-
-E’ vero- fece Righetti- ma beccano più di noi e hanno dei turni di riposo più lunghi.-
-Sarà ma io là non ci vado neanche se mi pagano un milione di euro.-
-Balle, appena vedi la grana dimentichi il pericolo e tiri dritto.-
-Odio stare in spazi stretti, è più forte di me, non sono claustrofobico ma sentire il respiro di quello che ti sta vicino e non potersi allontanare mi fa paura.-
-Ti abitui, è solo questione di tempo-rispose il superiore estraendo da una custodia una caramella e portandosela alla gola.
-Buone quelle, ne hai una per me.-
-Lo sapevo che me l’avresti chiesta, tieni, è già la terza che ti becchi, in quattro voli.-
-Accidenti le hai…-
-Ma... cosa sta succedendo…- fece Righetti.
-Guarda- notò stupito il copilota.
Centinaia di uccelli erano apparsi  ed avevano centrato l’aereo in più parti.
Il vetro di fronte alla postazione di guida venne colpito diverse volte, così cheandò in frantumi e i volatili schizzarono addosso ad entrambi.
Il velivolo sembrò sobbalzare, la caduta di pressione li obbligò ad indossare le maschere per la carenza d’ossigeno.
I due uomini se le infilarono rapidamente, poi un motore prese fuoco. Fu una cosa improvvisa, Righetti sentiva il braccio indolenzito e da un occhio gli colava il sangue, il compagno aveva un forte dolore sopra la spalla sinistra, ma lottando disperatamente contro la turbolenza che si era creata riuscì di tenere in assetto l’aereo.
Poi una fitta lo colse sul fianco destro, guardò e vide che qualcosa si era incastrato nel suo stomaco.
-Presto spegni il numero tre!- gridò Righetti.
Il compagno fece per spingere la mano verso il sistema vdi emergenza ma un uccello schizzò all’interno della gabina e lo colpì in faccia, allora luilanciò un grido e si piegò in avanti.
-Carminati, Carminati…- fece l’altro muovendosiverso di lui. Quello mise una mano sulla fronte e vide che un liquido appiccicoso gli scendeva fino al collo, sentiva che stava svenendo, ma con uno sforzo riuscì a raggiungere la leva di esclusione.
In quel momento un altro motore s’incendiò, l’aereo incominciò ad oscillare verso il basso.
Righetti tenendo le mani strette sulla cloche cercava di governare alla meglio il velivolo.
Gli venivano in mente le parole del suo addestratore alla base di Grosseto: “La cosa peggiore che ti possa capitare oltre che essere abbattuto da un missile, sono gli uccelli, sono come le cavallette appaiono all’improvviso e distruggono tutto.”
Alberto sperava di non trovarsi mai in una situazione simile, ora improvvisamente l’impianto elettrico incominciò a fare i capricci, le luci della cabina si spensero, subito si attivarono quelle d’emergenza. Con uno sforzo di volontà Carminati prese l’uccello che lo aveva colpito e lo gettò da parte, poi gli sembrò di sentire una voce in lontananza.
-Escludi, escludi anche il numero due, presto.-
Con la spalla che gli faceva male allungò il braccio verso il pannello di controllo.
La prima volta sentì qualcosa ributtarlo indietro, il compagno avevadato una breve accelerazione con i rimasti sperando di guadagnare tempo, quando il fenomeno terminò l’aereo rimase per qualche istante in sicurezza, poi incominciò a cabrare.
Con una spinta di reni il secondoarrivò al pulsante e disattivò anche il numero due.
-Bravo Carminati, dai che ce la facciamo.-
La visione del copilotacominciò ad offuscarsi, sentiva solo il rumore dei motori rimasti.
Righetti prese la radio e lanciò l’allarme:
-Mayday, Mayday qui Bravo Charlie 2 aereo in difficoltà, chiediamo aiuto, mi sentite.-
Il suo corpo si stava raffreddando incominciava a sentire i primi brividi, doveva resistere allabrusca variazione di temperatura.
Per due interminabili minuti dall’altra parte non si udì nulla, poi una voce familiare risuonò nel ricevitore.
-Qui Sierra 4 vi sentiamo forte e chiaro.-
-Non so per quanto tempo potrò controllarel’aereo,stiamoprecipitando, abbiamo bisogno di aiuto urgente- fece Righetti con quantofiato gli era rimasto nei polmoni, poi dall’altra parte sentì il colonnello Tozzi.
-Fate rapporto.-
-Siamo stati centrati da uno stormo di uccelli, due motori fuori uso, il mio compagnoè ferito gravemente necessita di soccorso.-
-Vi vediamo BravoCharlie 2.
Ci siamo appena messi in contatto con il comandate Stringari, sta dirigendo verso il punto di coordinate due sei sette.
Se potete, cercate di dirigere l’aereo in quella direzione.
In questo momento sta partendo l’elicottero di salvataggio con il relativo personale medico.-
-Grazie signore-rispose il comandante notando che faceva fatica a concentrarsi.
-Una cosa, capitano…- qui Tozzi si fece duro.
-Occorre che prima di ammarare sganciate l’“Asset.”
-Ma signore…- rispose Righetti
-Mi spiace, ma questo è un ordine, cerchi di forzare più che può i motori rimasti, guadagni quota e poi lanci, non possiamo permetterci di perderlo.
Esiste all’interno della cassa, come lei ben sa, un sistema di tracciamento automatico che ci permetterà di recuperarlo.
Una volta fatto questo abbandonate l’aereo. Sono stato chiaro capitano!-
-Ricevuto signore.-
-Passo e chiudo, buona fortuna.-
Improvvisamente Righetti fu assalito da un moto di rabbia,picchiò il cruscotto con il pugno della mano destra due volte.
-Maledetto, stiamo crepando e pensi solo a pararti il culo.
Maledetto!-
Poi diede un occhiata al compagno, si avvicinò a lui e sentì che faceva fatica a respirare.
-Carminati, mi senti?-
L’altro per un momento non si mosse, la testa era china in avanti, gli occhi leggermente chiusi, poi il capo si alzò lievemente verso l’alto, ma fu tutto quello che poté fare.
Righetti cercò di bloccare il sangue che gli colava da un occhio, notò anche la brutta ferita alla pancia, il suo sguardo preoccupato esprimeva tutta la sua tristezza.
Poi ritornò ai comandi dell’aereo e incominciò a dare tutta potenza ai motori rimasti.
Il velivolo parve per un istante obbedire al suo comando.
Dopo avergli fatto assumere l’inclinazione standard aprì il portellone posteriore e attese.
Un forte rumore meccanico si diffuse su tutto il mezzo, una spia luminosa si accese indicando uno stallo imminente.
Righetti non si arrese,aprì un pannello arancione in basso alla sua destra, premette un pulsante e icontatti elettromagnetici che tenevano fissata la slitta vennero disattivati,la grande cassa color mogano incominciò a scivolare all’indietro, finché fu espulsa dall’aereo.
Lentamente incominciò a scendere,sorretta da un grandeparacadute, in balia dei venti e delle correnti.
Righetti riuscì a chiudere il portellone e poi dopo una frazione di secondo l’aereo incominciò a perdere quota,la spia luminosa continuava a rimanere accesa, supportata anche dal rumore di un sibilo che metteva paura: stavano precipitano.
L’uomo decise di fare un ultimo sforzo di volontà,i muscoli delle braccia erano tesi al limite, il dolore era insopportabile.
Vedeva  l’indicatore di altitudine diminuire rapidamente e sentiva l’aria pungergli tutto il corpo, forse traun po’ sarebbe svenuto, ma doveva tenere suquel maledetto muso.
Giunti a duecento metri dal mare avvenne il miracolo, l’aereo reagìai comandi e si rimise in posizione orizzontale.
A questo punto dopo averlo tenuto in quello stato per un paio disecondi, il capitano ridusse i motori al minimo appena al di sopra dello stalloe prima di giungere a colpire il mare tirò la cloche a sé sperando in un po’ di fortuna.
L’urto fu violento, ma la forte struttura dell’aereo ammortizzò ilcolpo.
Righettisi tolse la cintura di sicurezza, si mise il giubbotto di salvataggio e si avvicinò al compagno, fece lo stesso con lui e verificò che fosse ancora vivo.
Rapidamente lo liberò dalla sua posizione e mentre l’acqua entrava dovunque, riuscì a trascinarlo fuori; l’aereo affondò dopo alcuni secondi.
Erano salvi, ora non bisognava altro che attendere, dentro di sé sentì nascere un senso di euforia, quasi dirinascita.
Il mare era calmo e guardando la luna in lontananza alzò una mano in segno di vittoria.


CAPITOLO II

Patricia si svegliò all’improvviso, il brutto sogno l’aveva proiettata in un mondo di ombre e fantasmi fluorescenti, aveva dieci anni e in quelle occasioni l’unico rifugio era sua madre, che nel letto vicino lottava assiduamente con un problema di lavoro.
La donna dirigeva un’istituzione importante e ultimamente c’era una paziente che aveva creato un po’ di problemi, l’avevano ricoverata raccomandando di tenerla d’occhio, lei aveva dato ogni garanzia ma non si sentiva sicura.
Quando la figlia le si avvicinò cercando protezione, accarezzò il suo visino tondo e poi la trasse a sé.
-Cosa c’è amore mio, hai fatto ancora un brutto sogno?-
-Si- rispose salendo dentro il suo letto.
-Dai vieni a dormire con la mamma.-
-Aspetta, prendo anche Susy- fece la bambina indicando la bambola con gli occhi verdi che stava sotto il cuscino del suo letto. Quando fu con la madre incominciò a raccontarle tutto.
Maya sapeva bene come trattarla,erano i soliti sogni di transizioneche servono per strutturare l'Ioche sta maturando.
Ci vuole tempo, ma è importante accettarli ed elaborare i loro messaggi.
Quando la bambina si calmò levenne un idea.
Prima guardò l’orologio, erano le due di notte, a quell’ora sulla nave da crociera non ci sarebbe stato in giro nessuno. Non aveva più sonno, accarezzò la piccola e dopo avergli dato un bacio sulla fronte le disse:- che ne dici se andiamo a fare una gita sul ponte ad ammirare le stelle?-
La bambina la guardò un attimo titubante, poi esplose in un grandesorriso:
-Va bene, aspetta che lo dico a Susy, per vedere se è d’accordo.-
Dopo pochi minuti le due stavano sedute su di uno sdraio a poppa delle nave a fissare il cielo stellato, era una bellissima serata, unaleggera brezza batteva sulla nave, gli astribrillavano con tutta la loro forza.
-Vedi, quella è l’Orsa Maggiore,e quell’altra è la Minore, laggiù c’è la stella Polare che punta sempre il Nord- fece la madre indicandola volta stellata.
La figlia si toccò un attimo i capelli biondi, chele scendevano fin quasi sulle spalle.
-Conosci tutte le stelle?-
-Naturalmente no, neanche gli astronomi le conoscono; si dice che a occhio nudo se ne possono vedere, in una notte limpida, circa seimila, prova a contare fino a questo numero se riesci.-
-Guarda mamma, com’è grande la luna- fece la bimba osservando il satellite della Terra.
-Ti piace? Daimettiti lì, che ti faccio una bella foto.-
Patricia obbedì,e si allontanò di alcuni metri al centro del ponte.
La madre si alzò in piedi e dopo aver estratto il cellulare si posizionò  vicino, sedendosi sul bordo della piscina alle sue spalle, poiincominciò a scattare inquadrandola luna e le stelle a poppa, cercando di centrare la figlia.
-Sorridi, mi raccomando, più sciolta con le mani, ottimo, così poi la mandiamo a Flavia, la tua migliore amica.-
-Fanne un'altra dai- fecela bambina cambiando posa.
Mentre stava per fare la foto, Maya si accorse che la figlia si era improvvisamente irrigidita, non solo, ma che continuava a fissare qualcosa in alto.
A questo punto si girò di scatto e senti un tonfo al cuore, un corpo appeso ad un paracadute,era apparso improvvisamente al di sopra della nave e stava venendo nella loro direzione.
-Patricia, presto corri qui- fece poi stringendola forte a sé.
-Mammacosa è?- fece questa mandando un urlo. La donna si lanciò su di lei e la gettò a terra.
L’oggetto misterioso,dopoaverattraversato tutta la lunghezza della nave ed essere passato sopra le loro teste, aveva impattato sul ponte di poppa, e dopo aver strisciato contro la superficie,si era posato in verticale, in bilico sulla balaustra che dava sul mare, ad una decina di metri da loro.
Le due donne per un momento rimasero bloccate dalla paura, poi la mente analitica della dottoressa Prati incominciò a lavorare rapidamente.
La prima cosa che notò fu che l’oggetto era attaccato un paracadute, che pendeva per la maggior partefuori dalla nave, si trattava di una cassa, alta in verticaleun metro e mezzo e larga uno,che ogni tanto si muoveva leggermente sul bordo della ringhiera acausa delle vibrazioni della nave,sui due lati emergevano degli stani rigonfiamenti semicircolari.
C’eraanche una specie di spia luminosa rossa chesi accendeva a intermittenza, sicuramente serviva da sistema di segnalazione.
No, non era un Ufo,sembrava un manufatto umano, comunque tutto lasciava pensare che non era il caso di allarmarsi più di tanto.
-Mamma cosa facciamo?- disse Patricia stringendosi forte a lei.
-Tranquilla è solo una grossa cassa piovuta dal cielo.-
-Stai attenta, potrebbero esserci Dracula, l’ho visto in un film sui vampiri, di giorno dormeperché teme la luce ma dinotte esce a cercare le sue vittime.-
-Lo so non preoccuparti, ci sono io a difenderti.
Adessostai lì che vado a dare un’occhiata.-
Maya si avvicinò stando attenta a non spostare il contenitore,ma a parte qualche leggera oscillazione non accadeva nulla.
Giunta a pochi centimetri incominciò a toccarlo con una mano, stranamente era caldo e una specie di bip sonoro si sentiva ad intervalli regolari.
Sopra c’era una luce rossa, conalcuni numeri di riferimento,per il resto sembrava innocua.
-Dobbiamo avvertire il comandante, sicuramente loro sapranno cosa fare.-
La donna si allontanò di qualche metro per comporre il numero, voltando però lespalle alla figlia.
Questa notò una cosa che era sfuggita alla madre, c’era una piccola leva appena sotto una luce verde mal funzionante che in quel momento si era accesa, proprio in basso sulla sinistra.
Senza pensarci due volte si avvicinò e incominciò a toccarla, poi inavvertitamente per tenersi in equilibrio si attaccò a questa e allora successe il finimondo.
Un grande boato si diffuse dalla cassa e lei fu scagliata a terra.
Il portello del manufatto cedette di colpo e ruotò di novanta gradi aprendosi, qualcosa venne espulso a grande velocità andando a scagliarsi dentro l’acqua della piscina, poi tornò alla sua posizione, chiudendola cassa, tutto ciò aumentò l’instabilità dell’oggetto, che in bilico sul parapetto rischiava di cadere in acqua. La madre si voltò terrorizzata, vide la figlia accanto alla cassa con gli occhi ancora pieni di sorpresa.
Si mise il telefonino in tasca e rapidamente corse verso di lei, la prese con sé e la portò distante dal pericolo.
Intanto l’oggetto fece ancora una breve oscillazione sul bordo del parapetto e poi perse l’equilibrio cadendo di sotto, trascinato dal paracadute. Dopo essere sprofondato nel mare per una decina di metri, lo speciale manometro istallato avvertì un cambiamento di pressione e automaticamente dai lati dellacassa vennero espulsi dei palloni gonfiati d’aria, l’oggetto tornò in superficie, la spia rossa divenne blu e incominciò a oscillare in maniera intermittente.
La nave continuava il suo lento movimento solcando il mare, tutto era tranquillo e silenzioso.
Maya strinse la piccola intorno a sé, non gli piaceva come aveva reagito.
-Patti, Patti, dai ora sei con latua mamma, il peggio è passato.-
La figlia era scossa e aveva ancora gli occhi sbarrati.
Rapidamente la fece sedere su di uno sdraio e gli massaggiò il corpo, ancora in tensione.
Lentamente a contatto con il calore materno la ragazzina parve tornare in sé, la donna se ne accorse e incominciò a mormorarle qualcosa.
-Il mio tesoro, la mia coniglietta, non vorrai lasciarmi da sola.-
La figlia abbozzò un leggero sorriso e strinse forte la testa della madre.
-Mi hai fatto prendere uno spavento, ma ora è tutto passato.-
Lei incominciò a sorriderle, ma poi improvvisamente si fece seria e con una mano indicò qualcosa alle sue spalle.
Maya si girò e quello che vide la sorprese: a pochi metri da loro, immobile dentro la piscina, stava una specie di scafandro spaziale della lunghezza di circa un ottanta centimetri, incuriosita la donna si avvicinò con cautela.
Quando fu sopra l’oggetto le sembrò che all’interno ci fosse qualcuno, ma il vetro era appannato e si vedeva poco, allora prese un fazzoletto e incominciò a pulire la visiera.
-Toh- fece fermandosi un secondo.
-Ma tu chi sei?-
A questo punto il braccio destro dello scafandro si alzò leggermente e incominciò a battere contro la visiera.
La madre si fece forza e poi dopo averlo trascinato fuori dalla piscina lo mise sullo sdraio e incominciò a far ruotare il casco della tuta. La bambina si avvicinò a lei.
Con un colpo secco il le mani diMaya alzarono l’involucro,
liberando con   grande sorpresa  unvisovispo e impaurito.
-Ma, ma è un bambino… - fece questa stupita.
-Presto Patty, dammi una mano a sfilargli questa tuta.-
Rapidamente questa venne tolta e alla fine le due donne si fermarono divertite ad osservarlo.
Il bambino aveva circa sette otto anni, era di fattezza orientali, tibetane, portava una fascia gialla sulla fronte e una campana appesa ad una catenella, sul collo, vestiva una tuta aderente di color senape sembrava un po’ disorientato.
-Oh...- fece Patricia, guarda è il fratellino che mi avevi promesso.-
Il piccolo emise un sorriso e si grattò la testa, poi si alzò e incominciò a tossire.
-Che facciamo adesso?- fece la donna guardandosi intorno. Sarebbe stato saggio informare chi di dovere di quanto accaduto. Ma nessuno avrebbe creduto alla sua storia, sicuramente qualcuno avrebbe pensato ad un clandestino.
Probabilmente essendo orientale la polizia avrebbe ipotizzato qualche specie di tratta di minori.
Lei avrebbe dovuto raccontare una storia fantastica di un oggetto caduto dal cielo, di cui non c’era più traccia.
Doveva guadagnare tempo e capire cosa c’era di vero in tutto questo.
Prese lo scafandro e il casco del bambino, si diresse verso il bordo della nave e li gettò in mare.
Poi si guardò intorno, ma apparentemente non c’era nessuno.
-Presto Patty, dammi una mano, probabilmente ha bisogno d’aiuto, portiamolo dentro la cabina, poi cercheremo di capire chi è e da dove viene.-
La figlia obbedì, le due raggiunsero il ponte quattro, si diressero verso la loro abitazione e dopo essere rapidamente entrate chiusero la porta a chiave.
Poi lo deposero sul letto di Patricia.
La madre era preoccupata, da quando il suo ex marito, sei mesi fa, l’aveva lasciata a quarant’anni con una figlia di dieci e un sacco di debiti, aveva dovuto lottare duramente per stabilizzare la sua situazione.
Non era stato facile, soprattutto giustificare come una donna così affermata, con una brillante carriera di fronte a sé, sempre disponibile a risolvere i problemi degli altri, non fosse riuscita a far funzionare il suo matrimonio.
Subito aveva dovuto subire un certo ostracismo dalla cerchia dei suoi amici intimi; erano tutte persone verso le quali lei aveva sempre manifestato una grande fiducia e aveva aiutato più di una volta. Eppure era bastato quello per innescare invidie nascoste, offese mai dimenticate, un atteggiamento freddo e distante che l’aveva portata a chiudersi in se stessa.
Il lavoro in qualche maniera l’aveva salvata, ma era stanca di tornare a casa alle dieci di sera con la figlia che guarda fuori dalla finestra e continua a chiedere alla baby-sitter “quando arriva la mamma.”
Ora non voleva altri problemi, ne aveva già tanti sulle spalle.
Avrebbe voluto chiamare suo padre, medico in pensione, per chiedergli cosa fare, lui gli dava sempre un buon consiglio.
Ma  era tardi, non valeva la pena disturbarlo, forse domani. Intanto il bimbo aprì gli occhi e fece un gesto indicando la bocca.
-Mi sa che ha sete, presto prendi un bicchiere con un po’ d’acqua.-
-Si mamma- fece la figlia.
Quando tornò Maya aveva cercato di alzare lievemente la testa del piccolo in posizione verticale.
Prese il bicchiere e glielo passò, e  questi bevve avidamente fino all’ultima goccia.
-Chi sei, da dove vieni?- chiese la donna.
Il tipo fissava divertito il suo vestito color cremisi, poi le toccò il volto un paio di volte con il braccio destro, lo stesso fece con Patricia.
I suoi occhi, grandi e rotondi parvero illuminarsi,la mano ricadde all’indietro, la testa si appoggiò al cuscino e si addormentò.
-Poverino, chissà quanto è stanco.-
-Già, ma adesso che facciamo.
Mamma dovremmo tenerlo, sarà il mio fratellino, quello che mi hai sempre promesso.-
-Patty, dai, cerchiamo di essere seri.-
La donna continuava a fissare il piccolo, non sembrava un alieno, aveva fattezze umane, e aveva un volto carino, anche un bel sorriso. Prese una coperta e gliela mise sopra, poi sentì un impulso a fumare una sigaretta.
-Ascolta, io esco un attimo, aspettami qui, torno subito.-
La figlia quasi non la sentì, osservava stupita il bambino dormire. Appena fu all’aperto la donna incominciò ad aspirare avidamente il fumo della sua Marlboro.
Osservava il buio della notte in lontananza e avrebbe voluto essere altrove.
D’altronde aveva bisogno di staccare da quell’ambiente soffocante,soprattutto voleva star lontano dal marito, il quale pur avendola tradita era disposto a tornare da lei se loperdonava.
-Miserabile!- fece fumando l’ultimo pezzo di sigaretta- pensi che sia così facile.-
Alla fine buttò quel che rimaneva a terra e la schiacciò con la scarpa destra, pensando di fare altrettanto conil suo ex.
Avrebbe voluto tornare, ma il suo intuito le diceva che aveva bisogno di altro tempo, così decise di andare al bar a bere qualcosa. Rientrò, prese l’ascensore e si diresse al ponte nove.
Qui, appena aperta la porta, si trovò in un un ampio spazio che dava su di un corridoio diretto alla sala da ballo.
Stranamente si sentiva ancora una musica provenire dall’ambiente.
Dopo pochi secondi si trovò all’interno della grande stanza.
Sul soffitto pendeva dei grandi lampadari di cristallo, lungo le pareti c’erano dei quadri di arte astratta dipinti con dei colori allucinanti, un bambino di sei anni avrebbe saputo fare di meglio.
Il bar era ad una decina di metri sulla sinistra, lì vicino vide una giovane coppia danzare.
Lui, un ragazzo sui venticinque anni con un completo bianco teneva stretta una donna con un abito rosso che terminava con una striscia color oro che ogni tanto sfiorava il pavimento.
Lei lo guardava estasiata e lui ricambiava soddisfatto, Maya ricordò il suo primo ballo con Adriano, il suo ex, che non sapendo tenere il tempo le aveva pestato i piedi un sacco di volte di volte.
Si avvicinò al bancone cercando il cameriere, stranamente non c’era nessuno.
Si girò verso la coppia, ma anche questa era scomparsa, vide invece un'altra donna seduta su di una poltroncina che attendeva impaziente qualcuno.
Si avvicinò a lei e notò che aveva una piccola voglia sul collo, nella parte destra.
-Scusi, ha mica visto il cameriere?-
-Mi sa che non c’è più nessuno, Martin ha messo per me questa musica dal compact che si era portato da casa.
-Penso che forse dovrà servirsi da sola.-
Maya fissò la donna, sembrava slava, ma parlava bene l’italiano e aveva un trucco ben curato.
Il braccialetto sul polso destro era tempestato di gioielli, anche l’anello sul dito indice sinistro mostrava un diamante di una certa dimensione.
-Va bene- fece lei-vorrà dire che prenderò un bicchiere di vino.-
-Credo che sia finito, è rimasta solo della birra nel congelatore, se vuole qualcosa di fresco.-
-Ma si vada per la birra, grazie- fece lei come per allontanarsi.
Dopo essersi diretta al bancone, scivolò dietro di esso, trovò  il frigo,prese la bottiglia , l’aprì e ne bevve il contenuto a canna.
-Beve sempre così?- fece la ragazza avvicinandosi.
-No, solo quando sono arrabbiata.-
-Ah, capisco, comunque io mi chiamo Eva- fece lei abbozzando un sorriso.
Maya-piacere-rispose posando la birra sul bancone e notando i lunghi capelli  che le scendevano sulle spalle.
-Che ne pensa della crociera?-
-Carina, ma devo stare attenta a mia figlia, non fa altro che mangiare ad ogni ora del giorno e della notte.-
-Quanti anni ha sua figlia.-
-Dieci ma non sta mai ferma e quando si muove combina guai.-
-Sa, anch’io quando avevo la sua età ero così, ma poi le cose cambiano, si cresce e si matura.-
-Speriamo- disse la donna portandosi la bottiglia alla bocca.
-E suo marito, se non sono discreta.-
-Ex marito, ci siamo lasciati da poco.-
-Mi dispiace- fece questa un po’ imbarazzata.
-Può capitare, le persone cambiano, la vita non è sempre un sogno fantastico.-
-Voi invece…-chiese Maya.
-Noi siamo in viaggio di nozze, abitiamo aRoma.-
-Lei è italiana?-Si, delle parti di Livorno, e voi?-
-Io sono di Marsiglia, ma la mia famiglia è Croata, mio marito è inglese, di Liverpool, lavora a Londra.-
-Un bel problema allora.-
-Infatti, fa l’ingegnere, è vorrebbe trovare qualcosa in Italia, ma per ora ha ricevuto offerte poco interessanti.-
-Di solito gli ingegneri sono molto richiesti, dov’è finito, non lo vedo?-
-Ha ricevuto una telefonata urgente ed è dovuto rientrare un momento in camera.-
-Forse è meglio che mi ritiri anch’io non vorrei che mia figlia si preoccupasse.-
Eva le avvicinò la mano e gliela strinse.
-Piacere di averla conosciuta.-
Maya sorrise e ricambiando uscì dalla stanza.
Mentre rifaceva il percorso notò che si sentiva meglio, una parte della tensione a livello intestinale era passata, le rimaneva un po’ di mal di testa, forse la birra.
Quando arrivò in camera, trovò Patricia addormentata nel suo letto, con il braccio stretto alla bambola, il bambino sembrava riposare anche lui.
Lei si spogliò e si avviò verso la doccia, il calore dell’acqua la fece sentire meglio, si diede una strizzata e incominciò a lavarsi i capelli. Dopo essersi asciugata si sedette sulla sponda del letto pensierosa, indossò il pigiama e s’infilò dentro le coperte, poi il sonno ebbe il sopravvento.










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